Capitolo II
Le cannoniere della Repubblica stavano sorvolando il remoto pianeta Mon Calamari: malgrado la senatrice Cor Vast fosse dalla loro parte, molti separatisti erano riuscito ad avere l’appoggio di molte persone dei quartieri più popolari. Consenso che continuava a persistere malgrado il terrificante attentato di cui era stata vittima la capitale Galattica.
I separatisti avevano infatti sparso la voce che a provocare l’attentato era stato qualcuno del senato che poi aveva fatto ricadere la colpa su di loro.
Il maestro Mace Windu, dall’alto della sua cannoniera, osservava il grande oceano del pianeta con disinteresse, sperando di cacciare l’angoscia dalla sua anima.
“Maestro Windu?” la voce di Obi-Wan era quasi un sussurro.
“Si maestro Kenobi?” rispose l’imponente uomo ormai sulla cinquantina.
“C’è qualcosa che vi disturba?Vi vedo strano…”
“La guerra mi disturba mio giovane amico: cosa ci può essere di peggio?”
Il giovane generale sospirò rimanendo a fissarlo per diversi minuti prima di replicare.
“Non credo sia quello solo quello il motivo.”
“Sembri molto sicuro di quello che passa per la mia testa, allora formula tu un’ipotesi.”
“Io credo che abbiate paura che i Separatisti abbiano ragione” non era stata la voce di Obi-Wan a parlare ma quella del piccolo Skywalker.
Mace avrebbe voluto replicare che non era così, non tanto per fare un dispetto al bambino, che, malgrado fosse troppo irruente, godeva della sua simpatia, ma più che altro per rassicurare se stesso.
“Sei sempre troppo sveglio Anakin, troppo.”
Il giovanissimo padawan gli sorrise divertito, senza alcun timore reverenziale, cosa che infastidì leggermente il vice capo dell’Ordine.
“Però ci ha preso.”
“Obi-Wan cos’è vi siete messi d’accordo per farmi un interrogatorio?? Su andate a prepararvi, tra poco dobbiamo andare a combattere: non è più tempo per i giochi piccolo padawan.”
Ancora una volta il ragazzino gli sorrise sfrontato e invece di ubbidire all’ordine si avvicinò di più al maestro korun.
“Però ci ho preso”
“Sparite tutti e due”
Obi-Wan ed Anakin si scambiarono un sorriso complice per poi correre a prepararsi all’atterraggio.
Nella cannoniera dietro la loro la giovane padawan Siri Tachi si guardava in giro sperduta.
I suoi pensieri erano ancora più cupi di quello del maestro Windu.
Si sentiva una bambina in mezzo a quella guerra orribile e una bambina cosa può fare in una guerra?
Nulla pensò mestamente.
“Mia giovane padawan cerca di calmarti: non è il momento di lasciarsi prendere dallo sconforto”
Siri alzò i suoi occhi azzurri verso la donna che aveva parlato, ovvero la sua maestra Adi Gallia, che malgrado avesse vent’anni più di lei, pareva quasi una sua coetanea.
Il tempo sembrava essersi fermato per Adi.
I suoi occhi, dello stesso colore di quella della sua padawan, avevano ancora la luce della giovinezza.
La maestra le sorrise, scostandosi dal viso una ciocca di capelli argentati, che aveva così praticamente da sempre.
“Cercherò di concentrarmi maestra.”
Adi poggiò la mano sulla spalla di Siri.
“Siamo in guerra mia giovane padawan, questa situazione non piace a nessuno, ma il maestro Windu una volta mi disse: Non possiamo vincere, possiamo solo combattere”
“Le terrò a mente maestra” mormorò la ragazza chinando la testa in cenno di assenso.
Si aveva ragione la sua maestra doveva pensare alla guerra purtroppo, non poteva concentrarsi sul passato, anche se nella sua mente continuava a presentarsi prepotente l’immagine di un altro jedi, un jedi dai lunghi capelli rossi e dai profondi occhi verdi, dolci e saggi.
Anche se avevano deciso insieme di dimenticare il loro amore, non c’era stato un solo giorno in cui la sua mente non aveva indugiato su quel jedi.
E ora il pensiero che potesse correre dei rischi in quell’orribile conflitto la spaventava a morte.
“Obi-Wan stai attento”
In quell’istante il giovane Kenobi si voltò verso di lei, fu solo un momento ma lo sguardo verde del giovane maestro jedi si perse nell’oro* dei capelli della donna, desiderando di accarezzarli ancora una volta, dopo quell’unica volta di pochi anni prima.
“Anche tu Siri”
Non poteva dimenticarla.
Non poteva e non voleva.
E ora più che mai avrebbe voluto dirle che l’amava ancora, che non era cambiato niente e che erano stati degli stupidi a rinunciare a un po’ di felicità insieme.
“Stai bene maestro? Mi sembri triste”
Kenobi sorrise al suo allievo scompigliandogli i capelli.
“Si sto bene piccolo padawan andiamo: siamo in guerra”
Il bambino annuì mentre il cuore del giovane generale si fece ancora più pesante.
“Che non succeda nulla a loro due, non mi importa di me, basta che loro due stiano bene.”
E poi ogni altro pensiero si dissolse: la guerra dei Cloni infuriava su Mon Calamari così come in ogni angolo della galassia.
Le cannoniere della Repubblica iniziarono a sparare all’impazzata sull’esercito dei droidi da battaglia e d’assalto, schierati a migliaia sulla capitale del pianeta.
Ma a giudicare dal fumo acre che si vedeva in lontananza sopra al grande oceano, era evidente che la battaglia stava infuriando ovunque.
I jedi saltarono simultaneamente sul terreno paludoso scontrandosi corpo a corpo con i distruttori, i droidi più feroci e agguerriti dell’esercito dei separatisti.
A guidarli non c’era Dooku, proprio come aveva previsto il Cancelliere Palpatine, ma non c’era nemmeno Nute Gunray, difatti era un generale Mon Calamari a guidarli, un misterioso comandante sbucato dal nulla che si chiamava Lot Ackbar**.
Di lui si diceva che fosse un uomo incorruttibile, che condivideva gli stessi ideali del capo dei separatisti, ed era contro la violenza e questo lasciava molto perplessi i membri dell’ordine jedi: se era contro l’uso delle armi perché era in prima linea?
Non poteva certo approvare il meschino attentato che aveva distrutto uno dei quartieri più belli di Coruscant.
Ecco un altro mistero che da aggiungere agli altri.
Il generale separatista, dopo aver abbattuto diversi cloni soldati, si era messo a scrutare con il suo binocolo ad infrarossi i jedi.
Non ce l’aveva con loro, li aveva sempre rispettati e condivideva i loro valori di pace e libertà, purtroppo non era colpa di nessuno se la Repubblica che difendevano era corrotta.
E probabilmente anche qualche jedi era corrotto: non si spiegava infatti come qualcuno di loro avessero organizzato l’attentato di Coruscant.
Ma doveva credere alle voci che giravano su di loro?
Era tutto talmente ingarbugliato che ormai non sapeva nemmeno lui da che parte fosse il bene e da quale il male: Dooku era un jedi perduto e un sith probabilmente controllava il senato..
“Generale Ackbar” la voce di uno dei suoi luogotenenti, il comandante Dac Morren, un giovane calamaro dalla pelle sul violetto.
“Dimmi Dac.”
“I jedi si stanno avvicinando: volete davvero trattare?”
“Si”
“Sono degli assassini”
“Dac si forse è così ma forse no: non possiamo credere a tutto quello che sentiamo in giro”
“Si hai ragione Lot..”
Le ultime parole morirono quasi in gola al giovane calamaro proprio mentre una palla di fuoco di gigantesche proporzioni arrivò nelle vicine case dei civili inermi, sterminandoli istantaneamente.
Altro fumo nero si alzò in aria insieme a fiamme rosse come rubini e terribili come quelle dell’inferno.
La gente superstite si mise ad urlare.
“Assassini jedi, assassini altro che difensori della pace e della giustizia!” era una donna, un’anziana calamara che teneva tra le braccia il figlio, un ragazzo di sedici- diciassette anni.
E altre voci si unirono a quelle della donna, voci di uomini mutilati, di bambini, e di ragazzini.
“Abbasso la Repubblica viva i Separatisti!”
Obi-Wan ed Anakin, insieme a Mace, Adi e Siri, che erano da poco saltati sul terreno paludoso, rimasero impietriti: chi aveva lanciato quella bomba?
Era ovvio che non era stato nessuno di loro.
Oppure no?
I cinque jedi si osservarono in viso sconvolti mentre i cloni li circondarono quasi per proteggerli contro la furia della gente.
“Cosa possiamo fare?” balbettò Kenobi più che altro per dire qualcosa ma sapeva benissimo che nessuno gli avrebbe potuto dare una risposta sensata in quel momento.
“Dovremmo ritirarci forse.. “ replicò debolmente Adi senza troppa convinzione.
“E lasciare questo sistema in mano ai separatisti?Mai” tuonò il maestro Windu.
“Ma la gente non ci vuole più: ci odia” la voce di Siri era quasi un sussurro.
“Non siamo stati noi a provocare questa guerra e non siamo stati noi a lanciare quella bomba” Anakin aveva parlato senza nemmeno pensare continuando ad osservare con i suoi occhi di bambino quell’immensa rovina, quell’orrore senza fine.
Un tempo aveva pensato che Tatooine fosse l’inferno con un piccolo angolo di paradiso ovvero la casa con cui viveva con sua madre.
Ora pensava che l’inferno era quello.
La guerra combattere gli uni contro gli altri, ferendosi mortalmente e ignominiosamente a vicenda e in nome di cosa?
Della pace?
Della libertà?
Della giustizia?
Aveva visto l’orribile carneficina su Coruscant con i suoi occhi e aveva pensato che fosse giusto attaccare i separatisti, fare giustizia.
Ma che giustizia era quella che provocava altri morti?
Non lo sapeva, credeva solo a ciò che gli dicevano i suoi occhi: gente distrutta, che piangeva i propri cari mentre quel maledetto fumo nero aleggiava ovunque.
Come un’ombra.
I soldati separatisti si scagliarono furiosi contro i jedi e i cloni che non poterono far altro che difendersi: ogni negoziato era impossibile ora.
Il generale Ackbar era stato tra i primi ad attaccare e ora combatteva con veemenza contro il maestro Windu con una rudimentale spada di ferro.
“Assassini e io che volevo negoziare con voi: ero convinto che non eravate stati voi a provocare l’attentato in senato. Bugiardi e ipocriti: dite di difendere la gente, ma in realtà le persone per voi sono solo esseri inferiori, che devono stare sottomessi alla Repubblica. “
il calamaro, malgrado i poteri jedi dell’altro, lo stava facendo indietreggiare grazie ad una maneggevolezza della spada incredibile.
“Non siamo stati noi a lanciare quella bomba”
Mace rispose con un fendente micidiale facendolo retrocedere di qualche passo, ma subito il generale separatista lo sorprese saltandogli sopra la testa con un doppio salto mortale e ferendolo alla spalla.
“Si certo. E perché dovrei credervi maestro Windu? Voi non siete come gli altri, vi credete superiori, non provate né amore né odio: come potete pretendere di difendere la pace e la libertà?”
“Vi sbagliate su molte cose generale Ackbar: noi proviamo dei sentimenti” balbettò Windu tenendosi la spalla sanguinante e nel contempo continuando a combattere.
Era ora di usare il suo stile più famoso, lo stile al limite del lato oscuro, che sapeva incanalare l’energia negativa per usarla positivamente, lo stile che lui stesso aveva inventato: il Vaapad.
La Forza che sprigionava Mace era impressionante, solo Yoda avrebbe potuto reggere al confronto: l’uomo era immerso nel potere Vaapad, aveva gli occhi quasi bianchi e la sua spada si muoveva come mossa da vita propria, spingendo sempre più indietro il giovane calamaro.
La sua spada ora era viola scuro, brillando come una saetta nella notte.
Malgrado questa dimostrazione di forza, nessun altro dei separasti indietreggiò e anzi il suo secondo, Dac Morren aveva attaccato il maestro Kenobi e il suo padawan Anakin non con una spada ma con diversi blaster mentre persino i civili si erano messi ad attaccare i jedi e i clone troppers.
I jedi si sentirono quasi sopraffatti, non tanto per la forza dell’avversario, che gli era palesemente inferiore, ma per l’odio e la rabbia che sentivano provenire dalla gente, si appellarono alla Forza, creando quasi una sorta di scudo energetico che li rese più potenti, ma solo fisicamente.
“Forse dovevamo davvero arrenderci” balbettò Obi-Wan che pure continuava a combattere quasi con rabbia: non erano degli assassini, volevano proteggere la Repubblica dal male.
“Maestro non possiamo venire meno alla nostra missione: me lo hai sempre detto tu” la voce di Anakin non era mai stata così tremante ma era impossibile capire se ciò fosse causato dalla paura o piuttosto dalla rabbia.
Kenobi percepiva chiaramente la frustrazione e pensieri pericolosi del suo padawan così maledettamente simili ai suoi.
“Hai ragione mio troppo giovane allievo, ma ricordati che bisogna combattere solo per difendersi.”
A chi lo stava dicendo?
Ad Anakin?
A Mace?
A Siri ed Adi?
Oppure a se stesso?
“Cercherò di tenerlo a mente” fece il bambino continuando a respingere i colpi di blaster con la sua spada laser.
Fu solo un secondo ma si voltò e fissò il suo maestro negli occhi.
Occhi blu negli occhi verdi.
Entrambi pieni di paura, ira e forse…. Si forse anche odio.
Ma odio verso di chi?
Non lo sapevano nemmeno loro.
Maestro ed allievo unirono le loro spade quando una pioggia di fuoco iniziò ad arrivar loro addosso.
“Dobbiamo tornare sulle cannoniere: siamo troppo allo scoperto qui..” la voce di Siri era debolissima, fragile, quasi soffocata e questo impensierì non poco Obi-Wan che voltandosi verso di lei si accorse che del sangue stava colando dalla gamba destra della donna, era come un fiume rosso.
“Sto bene Obi-Wan” sussurrò la ragazza pallida come non mai.
Il giovane jedi la prese tra le braccia, trascinandola verso la nave più vicina.
“Siri devi fermarti.”
“Non posso abbandonarvi.”
“Infatti non puoi. E quindi devi fermarti: non puoi combattere in questo stato”
Un droide medico si avvicinò ai due giovani.
“Generale Kenobi se volete potete tornare a combattere, ci penso io alla comandante Tachi”
Il giovane jedi alzò lo sguardo verso il suo padawan che ora era stato avvicinato dalla maestra Gallia e dal maestro Windu che dopo aver sconfitto, ma non ucciso, il generale Ackbar adesso respingeva gli altri separatisti.
“E’ meglio salire tutti: qui non possiamo contrattaccare adeguatamente”
Obi-Wan non attese nemmeno risposta dai suoi compagni, continuando tuttavia a fissare la piccola figura del suo allievo: se la stava cavando piuttosto bene.
Ma avevo lo stesso timore per lui.
Strinse la mano di Siri per sentire il suo contatto.
“Ti amo”
“Lo so generale Kenobi.”
Non sorrideva mentre pronunciava quelle parole: negli occhi azzurri della donna c’era una luce strana, triste, come se temesse qualcosa di remoto e lontano.
In silenzio il giovane maestro aiutò i droidi medici a trasportare la barella sulla cannoniera mentre suoni di esplosioni e di missili sibilavano nell’aria ormai nera come la notte.
A diversi parsec da Mon Calamari, nel remoto sistema di Dantooine, Luminara Unduli, la sua giovanissima allieva Barris Offee, il maestro Quinlan Vos e la sua ex allieva Aayla Secura stavano combattendo anch’essi una difficile battaglia, ma almeno per ora la popolazione era tutta dalla loro parte.
Malgrado questo nessuno di loro si sentiva tranquillo, c’era qualcosa nell’aria, qualcosa di pauroso che stava per emergere e loro non avrebbero potuto far nulla per fermarlo.
Luminara osservava l’immensa pianura verdeggiante di quella sperduta regione di Dantooine: ora il verde si mescolava al rossastro del tramonto rendendo la zona quasi spettrale.
Eppure era un posto magnifico, pieno dei colori più belli e dei profumi più deliziosi della natura, e la loro base era ben nascosta sottoterra lontano dagli sguardi indiscreti delle troppe spie che vi erano persino lì.
“Luminara non serve a nulla star qui a rimuginare: qualunque cosa deve accadere, accadrà presto. Ricordati che anticipare è una distrazione.”
“Ma hai paura anche tu Quinlan non è vero?”
“Come tutti amica mia, come tutti. La gente pensa che un jedi non abbia paura, che non provi amore e che non provi odio. Noi amiamo e la nostra forza sta nel saper sconfiggere la paura e l’odio che vi sono anche dentro di noi, non a fingere che non ci siano”
La donna alzò lo sguardo verso il giovane maestro jedi: i suoi occhi neri erano più scuri del solito, come se ci fosse dentro davvero la notte.
“Buonanotte amico mio” mormorò Luminara entrando nella base.
A pochi chilometri da lì intanto una piccola figura avvolta in un mantello nero stava sgattaiolando all’interno della casa più grande, quella di un capo villaggio.
Il misterioso essere accese la sua spada laser azzurra tranciando i cavi elettronici che davano energia non solo all’edificio ma a tutto il villaggio, poi li collegò ad uno strano marchingegno dorato.
Una volta fatto questo la figura uscì allontanandosi nella notte.
Fine Capitolo II
*Lo so che nella mia altra fiction avevo fatto Siri mora ma ho scoperto su wookipedia( l’enciclopedia ufficiale ondine di Star Wars) che Siri è bionda e ha gli occhi azzurri^^
**Personaggio di mia invenzione che intendo imparentare con il mitico ammiraglio Ackbar della vecchia trilogia